domenica 30 settembre 2007

IL MADRIGALE CINQUECENTESCO

Storia
Il termine madrigale assume diversi significati a seconda del periodo storico. Nel ‘300 per madrigale si intende una forma poetica ben precisa costituita da due o tre terzine (cioè strofe o stanze di tre versi) variamente rimate, seguite da uno o due distici (coppia di versi) a rima baciata. Il testo poetico fa generalmente riferimento ad argomenti pastorali. Un esempio di madrigale trecentesco è il componimento LII del Canzoniere di Francesco Petrarca:

Non più al suo amante Diana piacque,
quando, per tal ventura, tutta ignuda
la vide in mezzo de le gelide acque,

ch’a me la pastorella alpestra et cruda,
posta a bagnar un leggiadretto volo,
ch’a l’aura il vago et biondo capel chiuda,

tal che mi fece, or quand’egli arde ‘l cielo,
tutto tremar d’un amoroso gielo.


Nel ‘500, invece, con il termine madrigale si intende la messa in musica (generalmente per un organico di 4 o più voci) di un qualsiasi testo poetico (o parte di esso), indipendentemente dalla forma. La grande novità del madrigale cinquecentesco, tale da renderlo uno dei più importanti contributi alla musica occidentale, consiste nel ripensare il rapporto tra musica e poesia. Le forme polifoniche profane del ‘400 avevano forma strofica: veniva cioè composta la musica per la prima stanza della poesia e poi ripetuta uguale per tutte le altre stanze. Questo procedimento, se da un lato garantiva una buona coesione formale tra musica e poesia, dall’altro portava al rischio di incongruenze tra la musica e parti di testo differenti, sia dal punto di vista contenutistico (la prima stanza, ad es., parla d’amore, la seconda di morte) che formale (due versi di uguali sillabe possono essere accentato in punti diversi). Il culmine di questa indifferenza della musica per il contenuto poetico viene compiuto con la composizione di intonazioni musicali ‘neutre’, basate su schemi metrico-fraseologici astratti, per cantare qualsiasi tipo di ‘forma’ poetica, indipendentemente dal contenuto. Sono le ‘arie per cantar canzoni’ o ‘sonetti’ ecc.

I madrigalisti tardo-cinquecenteschi superano questa discrepanza tra parole e musica abbandonando la costruzione strofica. Come i predecessori, anche loro continuano a rifarsi alla forma della poesia per costruire la forma della musica, però con un atteggiamento diverso, più sensibile al contenuto della poesia. L’attenzione si sposta dalla stanza al singolo verso: ogni verso coincide con una frase musicale, intonata in relazione al contenuto del verso stesso. Questo comporta due conseguenze: la prima è che la musica varia continuamente, senza che vi siano ripetizioni (si parla perciò di forma durchkomponierte, cioè composta per intero); la seconda è che il compositore può, con la musica, enfatizzare singole espressioni del testo o addirittura singole parole (si parla a questo proposito di pittura sonora perché la musica ‘dipinge’ il significato della parola). Quest’ultimo fenomeno prende il nome di madrigalismo, proprio perché diventa la prerogativa del genere. Per dirla con un’espressione dell’epoca ‘la musica è l’anima e la parola è il corpo’.



Ascolti

· Consumando mi vò di piaggia in piaggia (Marenzio, V libro di madrigali a 5 voci, 1585)
· Zephiro torna, e 'l bel tempo rimena (Marenzio, I libro madrigali a 4 voci, 1585)
· Vago augelletto che cantando va (Monteverdi, VIII libro, 1638)
· Basciami mille volte (Marenzio, V libro, 1585)


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CURIOSITA': Una serata tra amici cantando un madrigale di Marenzio...
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